Salta al contenuto principale

Conoscere per essere - di Batà M. A

 «La conoscenza è come l'oro: deve essere fusa e martellata e poi portata come un ornamento» (Trungpa). Per giungere all'autorealizzazione l'uomo deve svilupparsi lungo due linee: quella della conoscenza e quella dell'essere o della coscienza. All'inizio del suo cammino evolutivo, tuttavia, queste due linee appaiono separate, tanto da dar luogo a due modalità, a due temperamenti diversi: il temperamento intellettuale-conoscitivo ed il temperamento intuitivo-psicologico e cioè portato a fare esperienza soggettiva ed a sviluppare la coscienza. Potremmo dire che il primo rappresenti il tipo occidentale e l'altro il tipo orientale. 

Prese separatamente, però, queste due modalità sono incomplete e manifestano i loro limiti rispettivi, poiché: «se alla conoscenza viene consentito di sopravanzare il nostro essere, il risultato sarà che conosceremo nella teoria ciò che dovremmo fare, ma non ne saremo capaci, mentre se fosse il nostro essere a distanziare la conoscenza, allora ci troveremmo nella posizione di quelle persone che hanno acquisito nuovi poteri, ma non hanno alcuna idea di come impiegarli.» (Da «L'insegnamento di Gurdieffi di K. Walker pag. 29). L'uomo infatti per autorealizzarsi nella sua totalità ha bisogno di ambedue queste modalità fuse insieme, che si integrano e si completano reciprocamente portando la mente ad essere il vero strumento di conoscenza e nello stesso tempo di espressione della coscienza dell'Essere che è il Sé.

Occorre precisare a questo punto che la conoscenza a cui ci riferiamo in questo contesto è soprattutto quella delle leggi e dei principi dell'esoterismo, che costituiscono la base necessaria per un serio lavoro di autorealizzazione spirituale. Ed è proprio questo tipo di conoscenza che necessita, più delle altre, della collaborazione della coscienza, perché gli argomenti ed i principi verso cui si rivolge non sono nozioni intellettuali o elucubrazioni filosofiche, ma verità «vive», leggi universali ed eterne che, pur non potendo ancora essere provate scientificamente, possono essere verificate con l'esperienza diretta perché contengono una forza propulsiva, un dinamismo, un potere trasformatore ed evolutivo che ognuno di noi può scoprire ed utilizzare. 

Quando riusciamo a fare ciò la conoscenza teorica si trasforma in coscienza, entra nel nostro modo di vivere, di vedere le cose, cambia il nostro carattere e soprattutto risveglia il nostro essere profondo, facendolo a poco a poco venire alla luce. La conoscenza puramente teorica invece non ha questo potere trasformatore, non fa evolvere, ma anzi può divenire un pesante bagaglio, una specie di zavorra che impedisce all'uomo di progredire. Dice Sri Aurobindo: «Le nostre nozioni intellettuali sono ostacoli sulla via della conoscenza ...Lo stato di conoscenza che lo yoga prevede non è una semplice concezione intellettuale o un chiaro discernimento della verità...E' una realizzazione nel pieno senso della parola.» (da «La Sintesi dello Yoga» -Vol. 11, pagg. 23-24). Per poter arrivare a questo raggiungimento l'uomo deve comprendere qual è il vero e giusto uso della mente e renderla ricettiva ed aperta alla coscienza. Essa rivelerà allora il suo potere di «vedere» realmente la verità arrivando a quella che Sri Aurobindo chiama «conoscenza-visione». 

All'inizio della sua ricerca, tuttavia l'uomo non sa unire la conoscenza alla coscienza, non sa procedere parallelamente lungo le due linee del conoscere e dell'essere e segue o l'una o l'altra separatamente a seconda del suo temperamento e delle sue tendenze innate. Se è portato alla linea dell'essere può non avere alcun interesse per la conoscenza intellettuale perché si appaga delle sue certezze intuitive, delle sue esperienze interiori e non sente il bisogno di inquadrare le sue percezioni in uno schema intellettuale, in un insieme di leggi e di principi, di teorie e concetti razionali, che gli appaiono freddi, aridi, riduttivi e persino capaci di deformare ed alterare la verità. 

Per un periodo abbastanza lungo della sua crescita interiore rifiuta la mente, inconsciamente respinge ogni interpretazione razionale, tutto teso a «sentire» ed a «vivere» nella sua coscienza i barlumi di luce e di verità che riesce ad afferrare. Vive la modalità dell'essere che, portandolo gradatamente a sviluppare la coscienza, gli farà comprendere la necessità di sviluppare anche lo strumento mentale e gli farà riconoscere i limiti di questa modalità. La sua capacità di vera coscienza riuscirà a pervadere anche la sua mente e risveglierà in essa l'esigenza di conoscere e di tradurre in idee e concetti le intuizioni e percezioni che aveva ricevuto. 

Nel caso invece che in un individuo prevalga la modalità del conoscere, ancora separata dall'essere, egli avrà una mente sviluppata, una capacità di analisi e di riflessione ed una grande sete di «sapere» e di indagare. Riuscirà, quindi, ad accumulare molte conoscenze, molte teorie, molte interpretazioni e probabilmente si formeranno in lui delle convinzioni mentali che lo appagheranno per un certo tempo dandogli un senso di sicurezza e di potere e, forse, anche l'illusoria sensazione di aver raggiunto un alto grado di realizzazione. 

Di fronte alle prove della vita, per ò, la sua personalità potrebbe rivelare immaturità, incapacità, fragilità e carenze, che mostreranno chiaramente che tutta la sua conoscenza non ha pervaso la personalità trasformandola e purificandola, ma è rimasta uno sterile e pesante bagaglio di nozioni e teorie astratte. Se ciò avviene vuol dire che si è formata una scissione fra la mente e la realtà concreta, fra la conoscenza e la coscienza,. fra il «sapere teorico» ed il grado evolutivo effettivamente raggiunto. 

Occorre a questo punto dire che la mente è un grande dono per gli uomini, ma è anche un grande ostacolo perché contiene in sé un potere ambivalente che é ben espresso da Sri Aurobindo con la frase: «La mente è l'aiuto la mente è l'ostacolo». L'uomo infatti deve passare attraverso varie maturazioni e prese di coscienza prima di scoprire la vera funzione della mente e prima di imparare ad usarla nella maniera giusta. All'inizio egli la usa in maniera sbagliata, identificandosi con essa e la trasforma in uno strumento che ostacola e deforma la realtà. Colui infatti che dà la preferenza alla conoscenza puramente intellettuale e teorica, senza sviluppare contemporaneamente la coscienza, non sarà capace di far «scendere» le idee nella pratica, non riuscirà a trasformare la conoscenza in esperienza, facendola divenire un mezzo di crescita e di realizzazione. 

La vera conoscenza infatti, che nasce dalla mente usata nella maniera giusta, non si riferisce alla capacità dell'intelletto di accumulare dati, nozioni e teorie e, nemmeno alla sua facoltà di speculare e di filosofare, ma al suo potere di «comprensione» che, pur passando attraverso la razionalità e l'intelletto, sa poi trascendere e trasformare in saggezza e coscienza tutto ciò che ha appreso. La comprensione, nel suo vero significato etimologico, che deriva dal latino cumprebendere (prendere con sé), è diversa dalla conoscenza che può essere anche frammentaria, perché include un contatto profondo con l'oggetto da conoscere e la capacità di vederlo inserito in un tutto più ampio. 

Conoscere, e nello stesso tempo comprendere, è indubbiamente raro ed è il risultato di una maturazione interiore che rende l'uomo capace di trasformare le sue convinzioni mentali in realizzazione e di unire la sapienza alla coscienza. Per rendere più chiaro quanto stiamo dicendo vorrei citare anche Erich Fromm che nel suo noto libro «Avere o Essere?», distingue fra «avere conoscenza» e «conoscere». Egli dice che il vero conoscere si basa sulla modalità dell'essere perché non è un accumulo di nozioni e di teorie, ma è una capacità della mente di andare oltre l'apparenza delle cose, di andare oltre la logica comune, di andare oltre gli schemi, le etichette, i condizionamenti culturali e sociali e cogliere la vera essenza e il reale significato di ciò che vogliamo conoscere.

Egli scrive: «La vera conoscenza ha inizio con la demolizione delle illusioni, con la «delusione». Conoscere significa penetrare sotto la superficie, allo scopo di giungere alle radici e pertanto alle cause; conoscere significa vedere la realtà senza paludamenti». (Da «Avere o Essere?» pag. 63). Questa «demolizione» o «delusione», di cui parla Erich Fromm, corrisponde alla purificazione della mente di cui parla l'esoterismo e alla liberazione dai condizionamenti che avviene per effetto del risveglio della vera coscienza che comincia ad illuminare l'intelletto. 

Infatti, quando le due modalità, quella del conoscere e quella dell'essere si avvicinano, l'uomo passa attraverso una fase evolutiva in cui comincia a sentire il bisogno di fare «tabula rasa», di negare tutto quello in cui credeva prima, tutte le convinzioni e le teorie a cui era attaccato e che appaiono ora false, illusorie ed insoddisfacenti. In realtà non sono le teorie e le convinzioni che sono illusorie e sbagliate ma il nostro modo di avvicinarci ad esse che è limitato e condizionato dal nostro stato di incoscienza e di identificazione. 

Questa fase di negazione è indispensabile perché ci libera da ogni «paludamento» (per usare l'espressione di Fromm) e ci porta in seguito a riscoprire le stesse verità con una modalità diversa, nuova, autentica, creativa. Diceva un maestro Zen ad un suo discepolo per descrivergli lo stato di illuminazione: «Prima di essere illuminato le montagne era montagne, i fiumi erano fiumi e gli alberi erano alberi. Volli sapere e vidi che le montagne non erano montagne, i fiumi non erano fiumi e gli alberi non erano alberi. Ma poi fui illuminato e vidi di nuovo che le montagne erano montagne, i fiumi erano fiumi e gli alberi erano alberi». In questo racconto, come sempre nello Zen, dietro all'apparente logica paradossale, viene presentata in maniera simbolica la verità dei due modi di conoscere: quello puramente razionale che si ferma alle apparenze e quello della coscienza e dell'intuizione che si rivela dopo la negazione, riscoprendo le stesse realtà ma in maniera diversa, totale, profonda, creativa, che ce le fa vedere come nuove, con occhi innocenti e puri, liberi dai veli dell'illusione. 

Risulta chiaro da quanto detto finora che per giungere alla vera e completa autorealizzazione spirituale che richiede anche l'ausilio della conoscenza, dobbiamo usare ambedue le modalità: quella del conoscere e quella dell'essere, cercando di integrarle e di fonderle perché l'una senza l'altra è incompleta. Per favorire questa integrazione fra le due modalità, nei prossimi capitoli, saranno presi in esame alcuni principi e leggi fondamentali dell'esoterismo cercando di vederli non solo come teorie e dottrine antiche ed affascinanti che ci attirano per il loro mistero, ma come principi eterni ed universali sempre vivi ed attuali, che ci sono stati rivelati da menti illuminate, da Grandi Iniziati che avevano raggiunto un alto livello di realizzazione spirituale e che avevano essi stessi sperimentato e vissuto queste leggi e principi nella loro coscienza e nella loro vita. 

Le dottrine e le teorie che andremo esaminando non devono essere accettate passivamente in maniera fideistica, né essere avidamente assorbite dalla mente, ma devono essere usate come stimolo per lo sviluppo della nostra coscienza, come mezzi di crescita e di maturazione, come suggerimenti pratici per cambiare il nostro modo di vivere e di pensare, come ipotesi da verificare continuamente nella nostra esperienza esistenziale e soggettiva. Pertanto non dobbiamo fermarci all'aspetto teorico e logico delle varie dottrine e leggi, ma dobbiamo cercare di andare oltre le formulazioni intellettuali intuendo il simbolismo nascosto dietro di esse e il potere dinamico e trasformatore che sprigionano quando sono vissute e sperimentate nella coscienza. 

L'esoterismo non è una filosofia, ma un metodo, non è una religione, ma un atteggiamento interiore, non è un insieme di teorie e leggi statiche, ma una realtà vivente in continua evoluzione e divenire che cerca di attuarsi e di esprimersi nella coscienza di quegli uomini che si rivolgono verso di esso con aspirazione sincera ed ardente non solo di conoscere, ma anche e soprattutto di «vivere» le leggi spirituali, per progredire, evolvere e andare verso una totale autorealizzazione spirituale. 

Argomento