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Togliere per costruire

di Mariabianca Marelli

Michelangelo era solito dire: "la scultura è quella che si fa per forza di levare"; lo scultore, togliendo dal blocco di pietra le schegge di marmo, libera dalla pietra le figure che vi sono già imprigionate. Michelangelo non solo esprime il concetto platonico dell'idea preesistente, chiusa nel rigore del blocco dal quale l'artista deve liberarla levando il "soverchio", ma anche, e soprattutto, descrive la lotta contro la pietra che, dovrà "ubbidire all'intelletto”, cioè  essere soggiogata dalla mano dell’uomo.

Come nella scultura, anche alcune fasi dell’evoluzione avvengono “per via di levare”, facendo il vuoto di oggetti, passato, emozioni, concetti, abitudini, persone, per far spazio a nuove visioni. Nel sovraccarico determinato da ambizioni e desiderio di potere, fama e ricchezza l’anima smarrisce il suo senso e il suo destino. Perciò spesso il primo sintomo di risveglio è l’abbandono di beni e l’allontanamento dalla “vita di prima”; l’esempio più noto è quello di Francesco.

Nel vuoto e nel silenzio più agevolmente si ascolta l’interiore, che ha voce sottile. 

L’essenzialità e la sobrietà di vita sono pertanto indici del  superamento di attaccamenti a oggetti e situazioni che, “distraendo” dal vero Compito, “traggono via, allontanano” (come suggerisce l’etimologia di dis-trarre) spostando l’attenzione dall’  “essenziale” (“ciò che è”, il termine ha la stessa etimologia di “essere”!) al superfluo (“che fluisce in più”, quindi, non necessario), dal duraturo  al precario,  dal periferico al centrale, da ciò che realmente nutre a ciò che è solo temporaneamente piacevole per i sensi o per l’ego.

Tradizioni religiose di ogni tempo e paese insistono sulla “Povertà” come mezzo esterno, e al tempo stesso conseguimento interiore, di ogni anima aspirante. Presso alcuni ordini religiosi contemplativi  è addirittura proibito dalla Regola avere fiori nella cella o occuparsi di animali di compagnia: la totalità dell’aspirazione è rivolta al Fine ultimo dell’immersione nella Fonte, sentito come unico sommo Bene, al quale, secondo una rigorosa gerarchia di valori, ogni cosa va sub-ordinata.

 “Beati i poveri in spirito” proclama il Vangelo, ove per “poveri di spirito” si intende, appunto, chi è “povero nell’interiore”, distaccato da ogni velleità di miglioramento esteriore, economico o di prestigio, di cariche o di ruoli.

 Il denaro, causa di tanti mali nei gruppi umani,  è in realtà energia cristallizzata e, come ogni altra  energia, va reso disponibile per l’evoluzione: esso va fatto circolare e usato per il Meglio. Chi è concentrato sull’avere è, com’è noto, spesso carente nell’Essere, ovvero non ha ancora chiaro il vero senso del proprio essere al mondo - e talvolta addirittura della propria identità in senso psicologico - e sfugge al suo Compito di creatura impegnata nel viaggio verso il Creatore.

Ma sul Sentiero non si può “agire per conto terzi”, è inutile accelerare processi dall’esterno, imporre comportamenti o forzare  chi non è pronto poiché le tappe evolutive hanno tempi e ritmi propri che si riferiscono al reale progresso intimo raggiunto:  l’abbandono dell’ “Aula dei giochi” in cui potere, attaccamenti, desideri, ricchezze sono centrali all’esistenza avviene solo quando si sono realizzati e compiuti a pieno i processi propedeutici della scoperta del Sentiero, del distacco dal “mondo” (“siate nel mondo ma non siate ‘del’ mondo”) e della consacrazione all’Opera di rendere il mondo un “luogo di Bellezza”.

Le terribili e colpevoli diseguaglianze economiche mondiali, che “gridano vendetta al cospetto di Dio” si saneranno quando gli uomini comprenderanno che le vere ricchezze cui aspirare sono quelle dei rapporti umani significativi ed evolutivi e della sensazione interiore di aver “compiuto il Lavoro” assegnato alla propria anima; questo è il conseguimento per cui val la pena di “im-pegnarsi” (“dare se stessi in pegno”)  e che dà pienezza al cuore.
Allora, Denaro e Tempo saranno intesi nel loro giusto valore di doni della Creazione da usare per l’Evoluzione e ciascuno “fluirà con la vera Vita”, nel senso che si sentirà spontaneamente allineato al Proposito e al Piano divini. 

Rinunce e sacri-fici possono essere compiuti con animo lieto e leggero se il Fine è intravisto chiaramente, nel suo abbagliante splendore; l’anima allora, forte nell’aspirazione e in sintonia con la vibrazione più elevata, quasi non avverte il disagio e si offre al mondo con generosità e ardore: ha realizzato intimamente che il vero Potere è il Servizio, e ogni altro conseguimento svanisce all’attenzione, nella constatazione della sua inconsistenza e – esotericamente - della sua “irrealtà”:

Dalle tenebre conducimi alla Luce
Dall’irreale conducimi al Reale
Dalla morte conducimi all’immortalità
(Antica invocazione indiana

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