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La Vera aspirazione e l'ego spiritualizzato (2°parte)

di Biancamaria Varelli

Assagioli, fondatore della Psicosintesi, afferma che in noi esistono molteplici subpersonalità, ovvero numerose parti spesso contradditorie e dissociate; quando le persone ignorano la quantità di “voci interiori” esistenti in loro (inclusa la voce del proprio “Sé”) e non si rendono conto della tendenza dell’ego a corrompere ogni aspetto della personalità per sabotare la crescita spirituale, cadono facilmente vittima delle seduzioni del proprio presunto “maestro interiore”, boicottando proprio quella crescita e trasformazione cui aspirano. Nulla può essere trasmutato se prima non è stato visto e conosciuto, secondo la successione: “Conosci te stesso; Padroneggia te stesso; Cambia te stesso”.

L’ego spiritualizzato gioca un gioco apparentemente splendido ma in realtà infido: parla in  tono caldo e spirituale; emana  un’aura di amorevolezza, apertura e generosità; ha esperienze “intense”; conosce la risposta dharmicamente corretta a ogni situazione. 

Avvicinarsi a contenuti “esoterici” o “occulti” è per pochi, può accrescere il nostro senso di importanza e farci sentire “speciali” invece che produrre riflessione sulle nostre nuove responsabilità, conseguenti alla scoperta dei più ampi effetti che avranno d’ora in poi i nostri pensieri, le nostre parole e le nostre azioni. 

L’ego vuole sopravvivere a tutti i costi e vuole anche bloccare la liberazione che percepisce come la propria fine. Perciò, il diventare un “ego spirituale” è un travestimento che consente di infiltrarsi nella vita spirituale sincera e di sedurre l’attenzione del ricercatore distogliendola dalla Verità. 

Afferma Mariana Caplan:

Vedi tutte le cose spirituali che queste persone conoscono e che desiderano ardentemente rivelarti. Se osservi attentamente noterai che queste persone sono leggermente squilibrate. Sono di solito eccessivamente entusiaste, e da loro viene fuori tutto di tutto. Sostituiscono un ego spiritualizzato a un’esperienza spirituale vera, ed è molto difficile per gli altri riconoscere la differenza.
… All’occhio non allenato, le sue manipolazioni possono sembrare scollegate, e la sua radiosità e generosità apparente sono difficili da mettere in discussione.

La spiritualità è usata come un meccanismo di difesa per proteggere se stessi dal mostrarsi come invece si è veramente, il che è invece l’essenza stessa della spiritualità. Quanto più la struttura conoscitiva e teorica di riferimento è rigida e “solida” tanto più fortemente strutturate sono le corazze di cui nevroticamente la personalità si riveste; rinchiuso in esse, l’individuo può sentirsi più forte e trovare appigli cui aggrapparsi per tenere in piedi l’idea della propria “verità”, che finisce per coincidere con quella del proprio valore. 

Non si ha ancora fiducia, naturalmente, nel fatto che tutto, in un ambiente davvero fraterno ed evoluto, può essere accettato e autoaccettato, diluirsi nel fervore del percorso comune e diventare infine liberatorio, se esposto ed elevato con umiltà alla luce della Verità.

Questa consapevolezza viene così poeticamente  espressa da Jalāl al-Dīn Rūmī, poeta e mistico persiano:

Il modo in cui noi umani siamo,
è una casa per gli ospiti.
Ogni mattino un nuovo arrivo.

Una gioia, una depressione, una cattiveria,
una momentanea consapevolezza
viene come un ospite inatteso.

Dai loro il benvenuto, ed intrattienili tutti.
Anche se sono una folla di dolori
che violentemente spazzano via
tutti i mobili della tua casa.

Tratta ugualmente ogni ospite con onore.
Forse ti sta ripulendo per prepararti
a qualche nuova delizia.

Il pensiero oscuro, la vergogna, la malizia.
Incontrali sulla porta ridendo
ed invitali a entrare.

Sii grato a chiunque venga
perché ciascun ospite ti è stato mandato
come guida dall’al di là. 

Gilles Farcet, uno dei quattro insegnanti responsabili del lavoro con degli allievi sotto la guida del maestro spirituale Arnaud Desjardins, condivide la sua scoperta di questo aspetto del materialismo spirituale nel suo lavoro con alcuni allievi che usano questa strategia, spesso inconsapevole, diventando impenetrabili poiché rimangono nel controllo:

              In generale sono persone che hanno molto da perdere in termini di credibilità  se vengono davvero confrontate su quello che succede dentro di loro.  Nel corso degli anni, quello che ho scoperto essere pericoloso da quando insegno ha a che fare con certe persone – di solito persone molto intelligenti – che pretendono di sapere, e dico “pretendono” in modo sincero, perché queste persone si illudono. Si pongono rispetto a insegnamenti non dualistici, assoluti e rigidi, in modo tale da credere di averlo capito. Non entrano però dentro la loro psicologia e non esaminano il proprio comportamento. 

Aggiunge a questo proposito la Caplan: 

Di solito queste persone hanno visto qualcosa che non è totalmente falso. Hanno percepito qualcosa, ma proprio perché sono così sensibili, hanno fatto ricorso agli insegnamenti spirituali come strategia di sopravvivenza. Non hanno fatto il lavoro necessario per affrontare la verità sui loro meccanismi psicologici, per cui vogliono aggirarli.

Avviene anche che, sotto il controllo dell’“ego spiritualizzato”, anche alcune nostre qualità spirituali desiderabili si mascherano da vere realizzazioni spirituali quando in realtà sono solo un’imitazione che serve a separarci dal vero sentire piuttosto che connetterci ad esso. 

Un esempio di tali qualità è costituito dai quattro stati divini che il Buddha descrive: gentilezza amorevole, compassione, gioia empatica, equanimità. Ciascuno di questi stati, se davvero raggiunto, è un segno di risveglio e di apertura del cuore;  tuttavia ciascuno stato ha, secondo un’espressione buddista, un “nemico vicino” che imita il vero stato, ma che in realtà emerge dalla separazione e dalla paura invece che da una sincera connessione. 

Ciascuno di questi nemici vicini può mascherarsi da qualità spirituale; se non riconosciamo e comprendiamo i nemici vicini – afferma la Caplan – staremo solo giustificando la nostra separazione e usando la “spiritualità” come alibi e difesa.

Questi nemici vicini indeboliranno così la nostra pratica  spirituale:  

 -  la gentilezza amorevole si manifesterà come cortesia di maniera, affabilità artificiosa non corroborata dai fatti; 

-  la compassione si manifesterà come parvenza di empatia, spesso solo  episodica, o pietà; 

- la gioia empatica diventerà generico ottimismo, apparente radiosità, partecipazione emotiva di superficie offerta per ‘benevolenza’; 

l’equanimità scolorirà in distaccata indifferenza, effettivo distanziamento, educato riserbo e “rispetto” di circostanza. 

L’ego spiritualizzato mima le esperienze e i gesti spirituali perché vuole “evolvere” attraverso tali esperienze ma non vuole né osservare realisticamente né mutare i propri gesti abitudinari e la propria consueta meccanicità. Diventiamo allora attori che recitano copioni che raggiungono il duplice fine di essere consolatori e di sostenere la nostra autostima di “aspiranti spirituali”, come nota Trungpa Rinpoche: 

 Diventiamo degli attori molto bravi e, mentre giochiamo a fare i sordomuti col vero significato degli insegnamenti, troviamo un po’ di conforto nel fare finta di seguire il percorso

Chi ha esperienza di gruppi spirituali vede chiaramente che le manifestazioni d’“amore” nei gruppi spirituali originano spesso dal bisogno di scaricare  tensioni emotive di tipo affettivo o di varia origine e/o dalla volontà di sentirsi finalmente meno soli e parte di un gruppo; o, ancora, da finalità semiconscie di attrarre a sé, dal desiderio di presentarsi come figura “che emana amore” nascondendo la  realtà del proprio vuoto interiore che ha bisogno, invece, di essere “colmato d’amore”.

Accade pertanto che tali manifestazioni affettive possano essere sentite, da chi avverte le dissonanze più sottili, come in parte vuote di reale significato, e perciò talvolta retoriche e stucchevoli.  La prova del nove è che quasi mai tali atteggiamenti sono sostenuti da reale interesse per le persone che vada al di là dei brevi momenti di incontro e che porterebbe a confrontarsi, sperimentare, progettare, vivere quanto si è appreso. Il “gruppo spirituale” allora può essere vissuto talvolta come un laboratorio sperimentale che può avere certamente una certa utilità “iniziatrice” ma che appare come uno spazio astratto, al limite tra virtuale e l’irreale e sospeso tra verità e finzione.  

Le discriminanti tra tali atteggiamenti congelati e “di maniera” e il reale senso di unità fraterna sono l’essere e il fare, il dimostrare con la vicinanza, con gli atti e i fatti reali, integrità e coerenza, “fraternità”, verità: in questo caso, tutto ha un tono più alto e contemporaneamente più profondo e intimo; più sottile e contemporaneamente più ampio e forte. 

Quando l’anima è pronta, allora, realmente “il Maestro arriva”: ogni scelta di vita sarà allora coraggiosa e congrua, allineata con la nostra più profonda Essenza; ogni manifestazione d’amore, anche minima o impercettibile, cambierà nella sua sostanza, diventando vera e vibrante, purissima ed elevata. 

Nonostante le incongruenze e i mascheramenti più o meno consci, nel lungo termine, tuttavia, gli sforzi fatti non sono inutili. Tutte le manifestazioni che “imitano” qualità elevate, e spesso in buona fede, almeno parziale, sono propedeutiche alla loro vera espressione, possono essere considerati “esercizi preparatori” alla Virtù e alla Verità. 

Il grande pregio di qualsiasi autentico cammino spirituale è il fatto che prima o poi trasformerà l’individuo, a prescindere dalle sue motivazioni più o meno spurie. Dio (o la Verità o la Realtà) è sempre più forte dell’ego, e finirà con il prevalere. 

Lentamente si intravedrà che il cammino spirituale è un processo di graduale disillusione e successivi avanzamenti:

  • gregarismo e dogmatismo matureranno in libero Pensiero, capace di effettuare  mature analisi di realtà su di sé, sugli altri e sul mondo;
  • ossificazioni del carattere e irrigidimenti teorici si dissolveranno in perenne  Cambiamento e libera Creatività; 
  • comportamenti artificiosi e pavidi si tramuteranno in agire amorevole, coraggioso e verace; 
  • la Vita eromperà genuinamente, fuori dall’appiattimento acritico  di riferimenti teorici e conoscenze libresche; 
  • defezione dalla concretezza della realtà, evasività e “vaghezza spirituale”, che riguarda sia la vita che i contenuti ideali di riferimento, diverranno forza propositiva realmente magnetica e irradiante;
  • l’Essere puro, forte e amorevole sostituirà l’apparire fragile e fittizio. 

L’opera di smantellamento del nostro “ego spiritualizzato” alla fine ci lascerà soli con la Verità alla quale aspiriamo, e l’Anima apparirà nella sua luminosa nudità. 

Allora si apriranno infine i Cieli e sarà presente, davvero, lo Spirito. 

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